Favole e fiabe scritte e narrate.
Laura Masielli |
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21 marzo 2020
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Voce narrante Laura Laurini |
"Quando arriva la primavera?" disse il prato all'albero "forse domani'" rispose l'albero cercando di tranquillizzarlo. "chiediamolo al bocciolo in fiore, lui lo dovrebbe sapere" disse il prato e si allontano' . "toc toc...scusami se ti disturbo bocciolo, stai forse dormendo? volevo sapere se hai notizie della primavera, la stiamo tutti aspettando ma sembra non arrivare". "Caro prato tu non mi disturbi affatto, e' da un po' che sono sveglio. Sono anch'io in attesa della primavera! Come vedi non posso stiracchiare i petali, non posso neppure colorarli perche' se la primavera non arriva non posso dar gioia con il mio profumo ed i miei colori" disse il bocciolo affranto. "dobbiamo andarla a prendere, sono sicuro che e' ferma in qualche altro paese magari vittima di qualche incantesimo.Lei e' sempre stata puntuale con noi" disse il prato " si' dobbiamo andare a prenderla altrimenti scoppiera' Una epidemia di tristezza in tutto il paese" "andiamo subito" concluse l'albero e partirono tutti e tre alla ricerca della primavera. Camminarono per giorni e giorni sperando di trovare qualche segnale ma niente. Trovarono solo strade vuote, prive di luce, di colori e soprattutto fredde. Poi un giorno durante il cammino sentirono un profumo delicato arrivare fino sotto i loro nasi. Era il vento birichino a trasportarlo dando dei piccoli schiaffetti sui loro volti. "e' lei! sono sicuro che e' proprio lei, questo e' il suo profumo, sbrighiamoci" disse l'albero Seguirono il profumo che si faceva sempre piu' forte mentre il sentiero si faceva sempre piu' strano. Non c'erano fili di erba che spuntavano curiosi lungo il percorso, non c'erano fiori, neppure quelli che nascevano spontanei e non c'erano alberi. Sembrava tutto abbandonato ad un triste destino. "che strano questo posto!" commento' l'albero "Sembra essere un posto senza stagioni" aggiunse il prato "ma anche senza il tempo che scandisce il passare dei giorni, delle stagioni" concluse il bocciolo "Se non fosse per il profumo che sento nell'aria scapperei da questo posto" disse l'albero. arrivarono davanti ad una montagna di bottiglie di plastica che per effetto della luce del sole sembrava un grande mostro a riposo. Il prato, l'albero ed il bocciolo non avendo mai visto nulla del genere si avvicinarono facendo attenzione a non far nessun rumore. Avevano paura che quel mostro si svegliasse. Quando furono ad un metro di distanza scorsero sulla cima della montagna un fiore che spuntava solitario. Era un fiore bellissimo. Emanava un profumo dolcissimo che trasformava l'aria in sottili note musicali. "guarda un fiore! lassu', in cima alla montagna!" disse l'albero "ma come ha fatto a nascere senza la mamma terra?" disse il bocciolo "e' lei! e' la primavera! e' stata bloccata dalle bottiglie di plastica che l'hanno circondata. Dobbiamo liberarla da quel mostro" "ma come?" disse il triste bocciolo "noi non lo possiamo fare. Non abbiamo le mani" disse il prato 'gia' le mani le hanno sono gli esseri umani" disse l'albero "infatti! si vede che combinano. Solo pasticci. Solo grandi pasticci!" "non ce ne andremo finche' non risolveremo il problema siete tutti con me? "si" risposero in coro Si misero cosi tutti e tre a sedere, ai piedi della montagna ad aspettare. Ad un certo punto videro un ragazzo che aveva una macchina fotografica ed un borsone in spalla. Fotografava tutto cio' che vedeva e poi scriveva su di un vecchio quaderno. Mentre stava fotografando la montagna fu colpito dal bellissimo fiore solitario. "Faro' una foto bellissima con questo unico fiore su questa enorme montagna di plastica" poi avvicinandosi di piu' al fiore gli sussurro' a bassa voce: "tu non devi stare qui! tu devi stare altrove, in un grande prato, tra gli alberi e gli uccellini, fidati di me, anche se sono un essere umano io ti rispetto e voglio salvarti. ti porto in un bel posto, promesso!" Il fiore allora lo guardo' con tenerezza mentre i tre compari non persero una parola di cio' che stava dicendo il ragazzo. Lo strappo' con delicatezza dalla terra lasciando le radici intatte e lo porto' via con se. Una gocciolina di acqua scappo' dalla bottiglia e si poso' sul fiore. Era una lacrima. Il prato, l'albero e il bocciolo seguirono il ragazzo fiduciosi finche' non arrivarono a destinazione. IL ragazzo si fermo' in una zona dove non c'era un filo d'erba, ne' un albero e neppure un fiore. Era il luogo dal quale i tre amici, il prato, l'albero ed il bocciolo , erano partiti. Il fotografo allora scavo' con le mani una buchetta e ci infilo' il fiore accarezzandolo come avrebbe fatto con suo figlio o con il cane prediletto. Di colpo tutto si trasformo'! All'albero spuntarono le foglie ed i fiori, spunto' l'erba sul prato e tutti i fiori che erano li' sentirono la campanella suonare e capirono che era l'ora dell'entrata della primavera. Sbucarono tutti contemporaneamente lasciando l'abbraccio della madre terra e dicendo "finalmente sei arrivata!" dissero tutti in coro. |
"ma dove sono finito? questa e' una casa! Non e' una grotta" disse l'animaletto dopo essersi infilato attraverso la fessura di una finestra. la finestra, quella notte, era infatti rimasta aperta per far entrare un po' di fresco notturno. Il giorno prima aveva fatto molto caldo e tutti gli abitanti della casetta erano sfiniti e dormivano profondamente. In quella stanza c'era un bambino che stava dormendo nel suo lettino. Il sonno l'aveva catturato come un cacciatore quando incontra la sua preda mentre stava leggendo un libro di avventure che era rimasto aperto sul bordo del letto. Quando l'animaletto entro' nella stanza sbatte' le ali piu' volte provocando un venticello leggero che fece girare vorticosamente le pagine del libro arrivando cosi all'ultima e svelando il finale. Il cane Tobia dormiva come al solito vicino al letto del bambino quando fu svegliato da un rumore simile a quello della carta argentata quando viene appallottolata dentro al pugnetto di una mano. Era l'animaletto che svolazzava di qua' e di la' nella stanza cercando o una via di fuga o un posto per atterrare. Il cagnone dapprima apri' un occhio per controllare se il bambino stava bene poi apri' subito l'altro per vedere meglio la presenza nera e inquietante. L'animaletto si era posizionato a penzoloni sotto la mensola dei libri e sembrava il batacchio dell'orologio a cucu' del salone. “Quello non e' di certo uno dei giocattoli del mio padroncino” disse il cane “ha un forte odore di umidita', di chiuso, direi di grotta. Ma cos'e'?” . Tobia si alzo' sulle zampe e corse verso quel lato della stanza mentre l'animaletto nel vederlo cosi grande si avvolse su se stesso come fanno alcuni boccioli di fiore all'arrivo della notte. "ti prego non abbaiare!" disse l'intruso al cane "ma tu chi sei? Sei forse un marziano?" rispose Tobia "non lo vedi? sono un brutto uccello nero" disse con la voce rotta dal pianto "e non dovrei essere qui" "allora esci da questa casa altrimenti abbaio e saranno guai" "no ti prego, no" disse piangendo l'uccellaccio nero "la finestra e' aperta, esci subito da qui" ribadi' Tobia " se esco mi prenderanno, mi uccideranno, mi vogliono mangiare" "ahahahah ma che dici? chi vuole mangiarti? mangiare uno come te sarebbe una follia! Sei troppo brutto e le tue carni non sanno di niente" "amico, sei a rischio anche tu. Gli uomini non si accontentano mai" "non ti permetto di parlare di me! Io vivo qui ed ho un ruolo importante, quello di tata"rispose il cane con tono accigliato. "anch'io ne avevo uno! Nella natura. E' li' che dovrei stare" “e allora tornaci!” disse il cane digrigando I denti. Per effetto di tutti quei rumori il bambino si sveglio' di soprassalto ed accese la luce. La scena che gli si presento' era quella di un cagnone peloso, Tobia, che minacciava un esserino nero che stava a testa in giu'. Il bambino salto' sul letto e come una molla impazzita, saltellando di felicita' sul materasso, esclamo' urlando: "ma tu...ma tu sei un pipistrello, un pipistrello a casa mia, evviva" Il cane a quell'affermazione fece un lamento per effetto dell'attenzione che il bambino rivolgeva all'intruso. "ne ho visti tanti di pipistrelli nei film ma mai dal vero. Sei cosi buffo! Tu non mi metti paura" Mentre il bambino lo guardava incantato, il pipistrello dondolava a testa in giu' e questo lo diverti' a tal punto che cerco' di imitarlo. "voglio proprio vedere che si prova a guardare il mondo alla rovescia." Si mise a testa in giu' cercando di alzare le gambe il piu' possibile. Dopo due o tre tentativi cadde esausto dal letto al pavimento facendosi anche un po' male. " ahia! Ohi! ma come fai a non cadere e fracassarti la testa?" gli disse il bambino rimettendosi in piedi. Lo guardo' piu' attentamente ed un fiume di domande cominciarono a corrergli nella testa: "cosa mangi di solito? ti piace la cioccolata? e il pollo fritto? mia madre lo fa' da urlo" "hai fame? ti posso dare un po' della mia merenda?" Il pipistrello nel vedere avvicinarsi il ragazzo distese le lunghe ali che agli occhi del bambino sembrarono un grande mantello di velluto nero. "se gli metto paura mi lascera' in pace" disse a bassa voce “macche'! mi sembra addirittura che gli sono simpatico!!” "da dove vieni? ce l'hai una casa? ti presento Tobia, il mio cane. Io mi chiamo Chian" "Ohhhh che e' tutta questa confidenza !" disse il cane indispettito "come ti chiami? ah lo so, lo so! non me lo dire......ti chiami Batman" disse il bambino il pipistrello volo' dall'altra parte della stanza come per reazione. Le ali si allargarono nuovamente, era maestose ed il bambino e il cane rimasero con i loro tartufi all'insu' a guardarlo girare come un matto sul soffitto. "puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Questa e' anche casa tua!" "quando lo troveranno i tuoi genitori vedrai che fine gli faranno fare. lo porteranno al mercato e sara' esposto per la vendita" disse il cane guardando il suo padroncino "Non e' vero. tu dici cosi perche' sei geloso!" gli rispose Chian "non gli dare retta Batman, tu sei un tipo duro" Scese dal letto con i piedini scalzi ed ando' a prendere un cuscinetto che stava da tempo su di una seggiolina di vimini. "ti preparo la cuccia e tu tobia devi volergli bene" "e' troppo brutto, non ci riesco!" “ devi volere bene anche alle cose brutte! E poi non e' cosi brutto come dici tu!” Il bambino sistemo' il cuscinetto vicino ai libro di Salgari di cui ormai conosceva la fine e ci mise accanto una merendina mezza mangiata. "e' ora di dormire. Avrai fatto un lungo viaggio. Vai a cuccia Batman, domani ti presentero' ai miei genitori e poi andremo a scuola" “torna alla realta' padroncino mio” disse il cane “dormi Tobia stai a cuccia anche tu. Notte ragazzi, fate bei sogni” Batman allora fece un nuovo volo, questa volta nella direzione contraria. Poi piano piano si avvicino' prima al libro dove c'era una nave di pirati che non gli sembro' ospitale, poi al cuscinetto che senti' morbido e profumato e poi alla merendina che anche se mezza smangiucchiata era piuttosto appetitosa. “vedo che ti stai ambientando. Bravo Batman. Adesso dormi che domani ci aspettano tante altre avventure” Il sonno arrivo' dolcemente anche se gli occhi del bambino cercarono disperatamente di rimanere aperti per guardare il nuovo arrivato. Il cane invece rimase sveglio. Quando fu sicuro che il bambino si era nuovamente addormentato, si avvicino' al pipistrello e gli parlo': "senti Batman e' meglio che trovi un altro nascondiglio. Se domani ti trovano i suoi genitori ti porteranno via e verrai venduto al mercato. Lo sai cosa ti succedera' al mercato, vero? Vatti a nascondere da qualche altra parte” La testolina dell'animaletto sbuco' come da un cappuccio e rispose: "posso stare qui almeno stanotte? mi stanno cercando la' fuori" "certo pero' domani mattina trovati un altro posto. Se il bambino dovesse vedere che i suoi genitori ti danno a quegli assassini sara' una tragedia e io non voglio che questo accada” "andro' via, stai tranquillo. Di giorno non mi danno la caccia" "Bene. Non smetto pero' di chiedermi come fanno gli umani a trovarti cosi buono, appetitoso....sei cosi brutto" "anch'io mi chiedo cosa ci trovino di tanto buono in un cagnone fatto a strati e pieno di pelo come te! Gli umani sanno esseri veramente disumani! Ma un giorno la natura si ribellera' e sara' un essere invisibile a vendicare le nostre morti. Non conoscera' confini, ne' razze, ne' lingue. L'uomo cos'e' davanti alle forze della natura? un piccolo essere come me e tutta la sua intelligenza non puo' arrestare la natura selvaggia che e' nell'aria stessa che respira” rispose il pipistrello ed infilo' di nuovo la piccola testa dentro alle ali per trasformare quel buio della stanza in un buio ancora piu' buio. Il cagnone si allonto' sconcertato, non tanto per la profezia espressa da Batman ma per il suo monologo cosi ben espresso e sul quale lui era perfettamente d'accordo. La notte fuggi' via veloce ed alle prime luci dell'alba Batman allargo' le sue ali e si preparo' a scappare via. Prima di uscire pero' guardo' il bambino e gli lancio' un sorriso che a suo modo sembro' una smorfia orribile poi rivolgendosi al cane gli disse: "Sorveglia la vita di questo bambino come se fossi un soldatino e abbi cura di te cagnone. Lui e' la speranza." “se il bambino mi chiedera' di te?” “digli che sono andato a cercare un mondo migliore” “tu dici che esiste?” “E' laggiu' ad ovest, in un paese dove a quelli come me gli preparano le batbox sui tronchi degli alberi e soprattutto non ci mangiano.” “laggiu' c'e' l'Italia” “si proprio li' sono diretto, ciao” e si allontano' fino a diventare un minuscolo punto nero nel cielo azzurro. |
Un uccello nero volo' sui tetti rossi di un gruppo di casette vicino al bosco. Un vecchio stava riordinando il giardino e nel vederlo passare penso' ad un presagio cattivo e si fece il segno della croce. Il pipistrello che era abituato a sentire chiacchere di tutti I tipi sul suo conto passo' come un veloce aquilone scappato dalle mani di un bambino per rifugiarsi dentro al cuore di un albero. Era Batman che dopo un anno era finalmente arrivato in Italia. Anche Chian era migrato con la famiglia in Italia. Frequentava una scuola italiana ed I genitori avevano rilevato un piccolo negozio. Nessuno dei due sapeva che il destino stava scrivendo per loro una favola che li avrebbe visti protagonisti di una storia ai limiti della nostra umana comprensione. "non ci posso credere, e' lui! e' Chian! cosa ci fa qui' in Italia?" disse Batman dall'interno del caveau dell'albero nel quale aveva trovato rifugio. Il pipistrello aveva solcato mari, attraversato stagioni, sopportato tempeste per scappare da un destino crudele ed ora quel ritrovarsi li', a centinaia di migliaia di kilometri, con il bambino che quella notte gli aveva salvato la vita gli sembro' un segno del destino o forse si trattava di un miracolo. "lo voglio salutare" disse "chissa' se mi riconoscera'? E' passato solo un anno!". Aspetto' che la notte facesse il suo ingresso e parti' dispiegando le lunghe ali nere come vele in procinto di salpare. Arrivo' davanti alla finestra del bambino che questa volta trovo' chiusa. Era inverno e faceva freddo. I tetti spruzzavano fumo nel cielo e Chian era nel suo lettino e stava leggendo. Allora Batman per farsi notare comincio' a volteggiare lungo tutta la superfice della finestra come fanno le falene quando trovano un punto luce. Al primo tentativo il bambino non ci fece caso poi finalmente guardo' verso la finestra e vide Batman che gli faceva cenno di aprire. Si alzo' dal letto e corse verso la finestra per vedere meglio cosa fosse quell'ombra nera che batteva sul vetro. "Bat sei tu? sei tornato!" il cuore gli batteva a mille e le mani quasi gli tremavano dall'emozione. Apri' la finestra e lo fece entrare. Il pipistrello fece due o tre giri nella stanza. Gli occhi del bambino lo seguivano. Sembrava un aereo ad elica che giocava con l'infinito. Poi finalmente dopo i primi volteggi si poso' sotto il tavolo della scrivania a testa in giu'. Guardo' il bambino che rideva felice allora tiro' fuori I dentini per provare ad imitare il sorriso ma l'effetto non fu proprio lo stesso. Chian era talmente felice di quella inaspettata sorpresa che si mise a sedere per guardarlo in silenzio, un silenzio colmo di meraviglia e stupore per quell'essere che tutti vedevano brutto che invece ai suoi occhi appariva bellissimo. "ciao come stai? pensavo di non rivederti piu'!" "invece vedi com'e' la vita" rispose il pipistrello "posso accarezzarti?" chiese il bambino a mezza voce "ma certo, e' un po' inusuale che qualcuno voglia accarezzare un pipistrello , ma a me fa molto piacere" " resta con me questa volta! non mi lasciare anche tu! Tobia me l'hanno portato via ed io mi sento tanto solo" "rimango, tranquillo, non ti abbandonero' piu'. ma i tuoi genitori come reagiranno?" “loro non lo devono sapere che tu sei qui. E' il nostro segreto" “va bene” “dobbiamo trovare un nascondiglio. Uno di quelli dove mamma quando fa le pulizie non ci pulisce” “dentro ad un cassetto” “ma certo dove tengo I colori. Li' non ci pulisce mai” “ok” “prima pero' raccontami di te. Chissa' quante cose avrai visto nel tuo viaggio. Io invece ho preso un aereo. E' emozionante ma non e' come il tuo volo. Non senti gli odori della natura che ti avvolge, non ti puoi soffermare sulla bellezza di un fiore. Sali a bordo e guardi tutto dall'alto e le cose ti appaiono piccole piccole” “E ti pare poco. Da grande ne piloterai uno, sono sicuro” “si mi piacerebbe” e si lasciarono andare per ore in racconti straordinari fino a quando il sonno rapi' gli occhi e le orecchie di Chian. “Ciao Bat a domani. Promettimi che non andrai via” “promesso amico” “non e' strano che io e te parliamo, vero? Questa e' una favola” “si e' una favola, dormi tranquillo amico, vegliero' su di te” Il mattino seguente il bambino non presento' Batman ai suoi genitori, in fretta volo' a scuola deciso a raccontare ogni cosa ai suoi compagni. Arrivo' nel cortile eccitato ed appena li vide annoiati aspettare il suono della campanella, li riuni' tutti insieme per raccontargli l'accaduto. "Vi ricordate di quando vi ho raccontato che un pipistrello era entrato dentro la mia stanza, quando vivevo a Whuan?” “e come no!” disse un ragazzetto dall'aria sveglia che metteva in dubbio sempre tutto cio' che diceva Chian. “voi non ci crederete ma Batman e' tornato a trovarmi. E' accaduto stanotte. Quando l'ho visto sulla finestra ho capito che era lui e sono corso ad aprire. Adesso e' a casa che mi aspetta, rinchiuso nel cassetto a testa in giu'" "ma sono esseri terribili. come fanno a piacerti?" gli disse un bambino obeso "anche a me non piacciono" disse un altro bambino "per me Bat e' bellissimo" rispose Chian "fatti un cane Chian"ribadi' il bambino obeso "invece io credo che tu abbia raccontato un sacco di fesserie" rispose un ragazzino dall'aria sveglia "non e' vero, Batman esiste davvero ed e' venuto dalla Cina per me" "si vabbe'" concluse il ragazzino la campanella inizio' a suonare e tutti I bambini che erano nel cortile entrarono. Chian ci era rimasto male delle risposte avute dai suoi compagni, ma era preparato ad una simile reazione. Sapeva che il pipistrello incute paura nella maggior parte delle persone ed e' considerato un animaletto dall'aspetto terrificante. Durante la lezione Chian penso' continuamente al suo giovane amico e quando arrivo' l'ora di scienze interrogo' la maestra sul tema pipistrelli. "maestra, cosa mangiano i pipistrelli?" “sicuramente insetti” "maestra, dove vivono i pipistrelli?" “nei tronchi degli alberi o nelle grotte” "maestra, quanto vivono?" quando formulo' questa domanda la maestra gli rispose "anche 50 anni. Ora basta Chian con I pipistrelli. In natura abbiamo anche altro" ma quella risposta mise a tacere tutte le altre perche' finalmente si senti' sollevato sapendo che vita non l'avrebbe separato troppo presto dal suo amico. Torno' a casa correndo. Aveva tutte le informazioni che gli servivano per farlo stare bene. I giorni passarono lieti. Batman viveva in un cassetto della scrivania tra i colori, i pennarelli e i gessetti colorati. Quando Chian tornava a casa il pipistrello tirava la testolina fuori da quell'intreccio ad astuccio delle sue ali e lo guardava estasiato. Un giorno pero' le cose cambiarono per Chian, per la sua famiglia e per tutta la comunita'. Forse invidiava la sua natura umana o forse no! Ma questa e' una favola e nelle favole che si rispettano il bene viene sempre colpito dal male. Un nemico invisibile e spaventoso si aggirava per il mondo e la prima ad essere colpita fu proprio la Cina, il paese di origine di Chian. Si trattava di un virus che colpiva chiunque senza tenere conto dell'eta', della razza, del ceto e della provenienza. Dapprima si propago' nella regione di Whuan poi arrivo' in Italia e poi nel resto del mondo. Si diceva che l'origine del virus fosse per la mancanza di igene nei mercati e per il proliferare di persone che mangiavano carne di pipistrello. Per ordine delle autorita' furono chiuse scuole, fabbriche e tutti gli esercizi commerciali imponendo alla popolazione di restare dentro casa e non muoversi per nessun motivo. Cosi i genitori di Chian che avevano investito tutto il loro patrimonio per aprire il punto vendita in citta' furono costretti a chiudere. I bambini non andarono piu' a scuola per un lungo periodo e le lezioni si svolgevano solo online. Il virus fece migliaia di morti e quelli che sopravvissero furono colpiti da una malattia altrettanto terribile chiamata tristezza. Chian le poche volte che usci' durante quel periodo vide tanta gente con le mascherine scappare alla sua vista dall'altra parte della strada. Era chiamato “distanziamento sociale”, in realta' era un modo individualista di sopravvivenza. le televisioni e tutti I media parlavano solo del virus e mentre da un lato consigliavano di restare in casa e di sentirsi piu' uniti la gente comincio' a sospettare l'uno dell'altro. La madre penso' che fosse arrivato il momento di parlare al bambino di cio' che stava accadendo in Italia e nel mondo per evitare di trovarsi in spiacevoli situazioni: “in questo momento stanno morendo migliaia di persone, non esiste una cura e l'unico modo per bloccare il diffondersi dell'epidemia e' quello di restare chiusi in casa. Il pipistrello e' la causa di tutto”. Chian l'ascolto in silenzio chiedendosi se quella che la madre gli stava raccontando fosse una favola oppure la realta' poi senti' le notizie del telegiornale che parlavano di chiusura della scuola, di quarantena e concluse che la vita era proprio come una favola. Durante i giorni di chiusura della scuola Chian era sempre molto occupato a casa. Restava per delle ore nella sua stanzetta senza mai uscire e quando uno dei suoi genitori si affacciava, chiudeva di scatto il cassetto. Il giorno prima del rientro a scuola dopo ben cinque mesi di chiusura totale delle lezioni la madre lo chiamo' per parlargli di una cosa molto importante. "se a scuola ti accuseranno di essere un untore o di appartenere ad un popolo che mangia pipistrelli, tu devi dire che non e' vero e che comunque non e' colpa tua" Chian l'ascolto' attentamente poi ando' da Bat e gli chiese con aria mesta: "ma e' vero quello che mi ha detto mia madre? sareste voi, quelli della tua razza, ad aver diffuso questa malattia?" "non certo io che sono scappato dal mio paese perche' mi volevano mangiare ma sapevo che prima o poi tutto questo sarebbe accaduto. L'avevo detto anche al tuo cane, Tobia. E' la natura che si ribella" “ci sono stati tanti morti e c'e' tanto dolore in giro” Chian rimase in silenzio poi guardo' il musetto del suo amico e si convinse che lui non era certo il colpevole di tutto quello sfacelo. Era arrivata l'estate. Anche se ormai l'anno scolastico era terminato le insegnanti si riunirono e decisero di fare almeno una settimana di lezione in cui avrebbero dato I compiti per le vacanze e la possibilita' ai ragazzi di salutarsi. Al rientro da quella lunga pausa la mamma di Chian volle accompagnarlo per precauzione. Quando arrivarono davanti al cancello principale rimase con il bambino un po' distante dal gruppo delle altre mamme. Temeva qualche rappresaglia. Vedeva che la guardavano con sospetto e nessuna di loro le ando' in contro per salutarla Guardo' il figlio e accarezzandogli il viso gli disse: "tu non hai colpa di quanto e' successo. RIcordalo, tu non hai nessuna colpa. Ripetilo con me.... dai... forza" Il bambino ripete' quella frase a lungo anche mentre la madre si allontanava. Lei era lontana e non poteva piu' proteggerlo dagli sguardi degli altri bambini che gli arrivavano addosso come frecce durante un assalto di indiani. Entro' in classe per primo distanziandosi dal gruppo dei suoi compagni di classe. Si sedette all'ultimo banco, nell'angolo piu' estremo, facendo finta di leggere il libro di testo. Tutti gli altri bambini entrarono e si disposero nei banchi piu' distanti da lui. Alcuni rimasero in piedi perche' I banchi rimasti vuoti erano vicini a quello di Chian. "maestra ma io dove mi siedo?" 'non vedi quanti banchi vuoti ci sono, mettiti dove vuoi" rispose seccata la maestra "nemmeno io ho il posto, maestra" "ah smettetela bambini ma che avete oggi? ci sono 20 banchi vuoti davanti a voi, sedetevi e fatelo in fretta!" "e va bene parlo io a nome di tutti: non vogliamo stare vicino a quello la'" ed indico' Chian che neppure in questa occasione alzo' il viso. "ma cosa sono queste storie? Non volete stare vicino a Chian e sentiamo, per quale motivo?” “perche' mangia pipistrelli ed e' stato la causa di tanto dolore” La maestra era un tipo nervoso, di poche parole e non aveva pazienza o gesti di tenerezza con I bambini. Quella frase la fece alzare in piedi di scatto e non pote' fare a meno di guardare il bambino con fare minaccioso. “queste storie non le voglio sentire. Il vostro comportamento e' inqualificabile. La mattina proseguira' con le lezioni normali di storia e geografia, in quanto a voi prendete posto subito o vi spediro' dal direttore” Quando suono' la campanella dell'uscita Chian aspetto' che tutti i compagni fossero usciti poi con molta calma usci' lui. Erano fuori dal cortile e lo stavano aspettando. Come lo videro comincio' un vocio insistente che lacero' le orecchie di Chian. " ecco quello che mangia i pipistrelli. Tornate al tuo paese"gli grido un bambino " vattene via" ripetevano le voci insistentemente. Si ricordo' le parole della mamma che lo aveva pregato di non cadere nelle provocazioni. Qualsiasi cosa avessero detto, lui doveva far finta di niente, non rispondere. Ma come poteva Chian far finta di niente quando lo accusavano di mangiare pipistrelli. Il suo unico amico e compagno di giochi era proprio un pipistrello e viveva dentro al suo cassetto! Per alcuni interminabili minuti Chian fece finta di non sentirli avviandosi in fretta verso l'uscita poi una domanda lo blocco' in mezzo al cortile: “perche' scappo? Io li voglio affrontare a viso aperto” dopo pochi secondi senza nemmeno rendersene conto era tornato indietro in direzione dei suoi compagni di classe. "non e' vero che io mangio i pipistrelli. non avete creduto alla storia di Batman, allora domani lo portero' qui' in classe" "si, certo! Tu racconti un sacco di bugie, vergognati" “ Ci vediamo qui. Alle 08.30 e io vi faro' vedere Batman” "non e' vero che siamo tutti uguali perche' tu non sei come noi, mangi I pipistrelli" gli disse un ragazzetto piuttosto bruttino "noi mangiamo i cornetti la mattina mica i pipistrelli" disse il bambino obeso “tornatene al tuo paese, qui non ti vogliamo” gli disse il ragazzetto con l'aria da saputello "domani vi faro' vedere io!" urlo' al gruppo con una tale forza che li spavento'. Chian era esasperato. Nessuno gli credeva. Nessuno lo voleva. Arrivo' a casa e la mamma lo accolse premurosamente, aveva preparato un bel piatto di riso con pollo ed era curiosa di sapere se a scuola era andato tutto bene. “si tutto bene, abbiamo I compiti per le vacanze. Tanta storia e tanta geografia” “bene e a te queste due materie piacciono” concluse la mamma mentre gli porgeva il piatto ricolmo di buon riso. Chian si sforzo' di apparire normale e si limito' a dire che doveva fare un mucchio di compiti. La mamma fu comprensiva, non fece altre domande pensando che il figlio era probabilmente stanco e lo lascio' andare nella sua stanzetta. Chian corse nella sua stanza ed appena chiusa la porta apri' il cassetto. Batman aveva appena finito di mangiare e stava facendo il solito riposino pomeridiano a testa in giu'. "Batman svegliati sono nei guai" "che succede?" "mi accusano di aver mangiato i pipistrelli e di essere il colpevole di tutta questa catastrofe" "accusare un bambino, che esagerazione, sono ben altri I responsabili di tutto cio'" "sono i miei compagni di classe ad accusarmi" "sicuramente sollecitati dalle loro mamme" "che facciamo?" "fammi pensare....potremmo andare alla tua scuola e farci vedere che siamo buoni amici" "tu dici che e' una buona idea?" "se non proviamo non lo sapremo mai" "se lo dici tu" “non essere triste, e' la vita. Questa esperienza servira' a farti diventare piu' forte e a non credere alle favole che ti raccontano” “ma la nostra e' una favola” Chian lo guardo' pensando che lui, un piccolo essere brutto e carico di maldicenze, era straordinario. Nonostante tutto si era sempre rialzato in volo con l'orgoglio di essere un pipistrello. Lo doveva fare anche lui, il piccolo Chian. Rialzarsi! “mamma vado a scuola a piedi. dopo tutti questi mesi di clausura ho voglia di camminare.” “va bene” rispose la madre senza fare tutte le raccomandazioni del giorno prima. La scuola era vicino alla loro casa ed era una splendida giornata di sole. Chian prima di uscire ritorno' nella sua stanza a prendere Batman e lo nascose all'interno, in una tasca, tra il giubbottino e la maglietta, come avrebbe fatto un killer con la pistola. Bat si accuccio' volentieri, pronto per la mission impossible mentre sentiva il cuore di Chian che batteva veloce. Quando arrivarono davanti alla scuola vide che I suoi compagni lo stavano aspettando. Avevano l'aria di un kommando pronto ad agire. "vi ho portato il pipistrello" esordi' Chian "non ci credo, tu sei un racconta balle e meriti una punizione per tutto quello che e' successo in questi mesi" “vi dico che ho il pipistrello” “smettila o la punizione sara' ancora peggiore” “eccolo” e tiro' fuori Bat che dopo qualche secondo inizio' a stiracchiare le ali. Ci fu un lungo silenzio da parte del gruppo poi alcuni iniziarono chi a scappare e chi a strillare. Chian teneva sul braccio piegato Batman che per farsi vedere meglio apri' le grandi ali nere. Era regale, possente, imperioso, misterioso. "questo e' il mio migliore amico" disse Chain mentre Batman si strofinava sulla parete esterna del giubbottino con fare affettuoso. I ragazzi rimasero a bocca aperta, affascinati, stupiti ed impauriti mentre la campanella finiva in gloria i suoi squilli. Nessuno di loro ne aveva visto uno dal vivo e probabilmente alcuni di loro non sapevano neppure cosa fossero I pipistrelli. La maestra li vide fuori, nel cortile, sparpagliati e con atteggiamenti strani. “ma che stanno facendo?” usci' di corsa sull'uscio della porta d'entrata e con la sua solita voce severa grido' al gruppo: "bhe allora, volete entrare o facciamo lezione in cortile?" "maestra ma lui ha un pipistrello, potrebbe essere pericoloso" disse il ragazzo sveglio “io ho paura” disse quello obeso "bene abbiamo qualcosa dal vivo da studiare per la lezione di scienze! Forza entrate, non perdiamo altro tempo" rispose la maestra e sparirono tutti in classe. Bat sorrise al suo amico mostrando I suoi brutti dentini e il suo sorriso fu piu' spaventoso del solito. Nessuno si aspettava cosa sarebbe accaduto da li' a poco. Una volta in classe Bat si stacco' dal braccio di Chian e volo' direttamente sulla cattedra della maestra. I bambini guardarono quel volo con il naso all'insu' mentre Batman atterro' proprio come un aeroplano. Si dispose nel centro della cattedra e come un attore inizio' la sua commedia dell'arte o forse della vita. Allargo' le ali mostrandone la lunghezza e la bellissima forma geometrica che ricordava quella di un ombrellino aperto a passeggio lungo tutto il perimetro della cattedra. Si stava presentando ai bambini e sembrava che gli dicesse: “guardatemi! Osservatemi! Analizzatemi! Non sono forse il piu' brutto uccello del creato tanto che la mia bruttezza diventa singolare bellezza!” La maestra nel frattempo si era collegata con il suo tablet ad internet ed aveva preso tutte le informazioni perche' sapeva che era un mammifero, sapeva delle leggende che circolavano intorno a quell'esserino ma non era informata sull'animaletto dal punto di vista scientifico. I ragazzi erano rapiti da quell'essere nero che passeggiava sulla cattedra e sul registro tanto che ci fu un improvviso silenzio. Solo la voce della maestra si senti' come un tuono: “Il pipistrello e' un mammifero, ha un apertura alare che arriva fino a 180 cm, quando riposano dormono a testa in giu' e poi.....” a quel punto la maestra si fermo', guardo' piu' attentamente Bat e disse: “ al di la' delle nozioni scientifiche c'e' la consapevolezza del nostro amore per la natura. Chiediamoci se puo' mai un esserino cosi piccolo provocare tanto dolore nel mondo? Siamo noi, con le nostre azioni, a provocare disastri. La natura ha le sue leggi e le sue regole come noi abbiamo le nostre. Dobbiamo imparare a condividerle in un reale mutuo soccorso. Dobbiamo rispettarla ed averne cura. Solo cosi salveremo il prossimo e noi stessi e non ci saranno piu' migliaia di morti, file di camion militari in giro per le nostre citta' che trasportano I nostri affetti. Cominciamo da questo esserino cosi brutto, sarebbe facile iniziare da un bellissimo uccello di una foresta tropicale”. Bat nell'ascoltare il discorso strinse per due o tre volte le ali. Le strinse verso l'interno come se volesse applaudire a quella giovane donna, madre e maestra. Chian penso' che per la prima volta la maestra aveva mostrato tenerezza verso un essere piccino piccino quasi quanto un bambino. I ragazzi erano tutti in piedi, inaspettatamente si erano alzati dalle sedie per ascoltare meglio poi calo' un silenzio che sapeva quasi di estasi. Bat allora si lancio' in un volo acrobatico tra I banchi immaginando che quelli fossero I fianchi di pietra del Canyon. Spingeva sul suo acceleratore al massimo descrivendo I profili dei banchi. Usci' dall'aula come un grande attore dal palcoscenico e Chian sapeva in cuor suo che sarebbe tornato da lui ma in quel momento era giusto finire cosi. |
"Tondina ma che fai su quella foglia, dai andiamo , e' tardi" le disse Puntina mentre finiva di prepararsi per uscire Tondina stava oziando al sole e non aveva nessuna voglia di spiccare il volo perche' come diceva lei: "volare e' faticoso". Voleva restare li', sdraiata, al sole caldo della primavera. "Tu mi farai impazzire! Ci stanno aspettando, andiamo" "Oggi mi sento in vacanza" rispose seccata Tondina Tondina si sdraio' sulla foglia e si mise gli occhiali facendo attenzione a non finire a zampette all'aria. "questa si che e' vita!" penso fra se'. "Va bene, vado io, non voglio perdermi lo spettacolo della schiusa, ogni volta che la vedo mi commuovo. Ci vediamo li'" le disse Puntina. Tondina era una coccinella un po' tondeggiante perche' mangiava a tutte le ore. Aveva le ali di un bel rosso sanguigno. Di carattere era un po' pigra ma sempre molto generosa con gli altri del suo gruppo. Invece Puntina era una coccinella precisa con 7 palline sul dorso e volava sempre di corsa. Quel giorno nel parco c'erano tanti animaletti perche' era arrivato il sole della primavera e si stava proprio bene all'aperto. Quello era l'unico verde rimasto in citta'. Gli uomini avevano costruito ovunque dei palazzi giganteschi che piu' che palazzi sembravano alveari ma quando qualche amica ape provava ad avvicinarsi, spuntava un essere umano pronto a tramortirla con spruzzatine di gas. Nessun animaletto di quel lembo di terra si fidava dell'uomo. Celestino invece era stato adottato da una bambina per la verita' un po' dispettosa. Era un cucciolo di cane, tutto bianco ed aveva sul dorso, disseminati qua e la', degli allegri palloncini neri. Erano divertente a vedersi. i bambini lo chiamavano: il cane a pois. Gli correvano dietro quando lo vedevano proprio come avviene con i palloncini quando ti scappano dalle mani. Un giorno, durante un gioco, la sua padroncina gli dipinse di colore celeste le macchiette nere e lui da quel giorno fu chiamato Celestino. "Buongiorno" disse il cagnolino a Tondina "Buongiorno a lei" "cosa sta facendo?" "prendo il sole" "io invece vado a spasso con la mia padroncina che in questo momento sta raccogliendo i fiori di campo" "le dica di non raccoglierli tutti, altrimenti non ci sara' da mangiare per I nuovi nati della schiusa" replico' Tondina un po' preoccupata "mi scusi, non vorrei essere indiscreto ma lei, a quale razza appartiene?" "perche' ?" rispose seccata Tondina "lei dovrebbe avere 7 macchioline nere a forma circolare sul suo dorso, o mi sbaglio?" "certo, io sono una coccinella?" "mi dispiace ma non le ha!" dichiaro' Celestino " cosa sta dicendo?" "la verita'! " "lei vede lucciole per lanterne" "guardi me! Io ho le macchie e so a che razza appartengo" "uffa ancora con questa storia delle razze" "signorina, mi permetta di suggerirle uno specchio d'acqua, cosi si convincera' che qualcosa in lei non va!" Celestino si rese conto che Tondina era piuttosto infastidita da quella sua affermazione e non sapendo come riparare al danno fatto, penso' che fosse opportuno allontanarsi. Quando fu a qualche metro di distanza pero' si fermo' per salutarla e le disse: "Sara' frutto del cambiamento climatico comunque e' bellissima " e scappo' via dalla sua padroncina che nel frattempo aveva strappato tutti I fiorellini del parco. Appena Celestino fu lontano dalla sua visuale, la prima reazione di Tondina fu quella di sbattere le ali nel tentativo di vedere le sue sette macchioline. Giro' la testa piu' volte cercando di ruotarla quanto piu' possibile ma fu tutto inutile. La sua natura non le permetteva di guardare dietro. "ma dove sono finite le mie macchie? Senza di quelle non sono piu' io! I miei simili non mi riconosceranno!" Allora penso' che era opportuno cercare un ruscello per provare a specchiarsi. Si alzo' in volo cercando qua e la' ma non trovo' neppure una pozzanghera. Il mondo era tutto asciutto. Davanti a lei c'era una terra arida dove lungo I viali si aprivano dei solchi simili a ferite aperte, dalle quali fuoriuscivano tristi lamenti. "non piove da mesi. Se manchera' l'acqua sara' la fine" penso'. Spaventata da quella scoperta giro' su se stessa per ritornare in direzione della foglia che prima l'aveva ospitata dimenticando di cercare un acquitrino dove specchiarsi. "devo correre da mia sorella Puntina e dirle di fermare la schiusa o non ci sara' sufficiente cibo per le larve cucciole" Volo' piu' veloce del vento, verso il punto di raccolta delle uova. Arrivo' senza fiato sulla foglia che ospitava la schiusa. Puntina era ferma da un lato con in mano un petalo fazzoletto di una margherita e piangeva a dirotto. Le lacrime finivano sulle foglie sottostanti rimbalzando sulla terra. Come la vide arrivare le disse: "finalmente sei qui!" Tondina nel sentire quelle parole si senti' sollevata perche' anche senza le sette macchioline Puntina l'aveva riconosciuta e con un filo di voce le rispose: "ho un messaggio urgente che ti porto dalla natura piu' profonda: Non c'e' abbastanza acqua per tutti, come faranno le larve cucciolo a diventare grandi?" La voce di Puntina divento' profonda proprio come se provenisse dalla stessa grande madre natura: "quando l'uovo si incrina, provo un brivido che fa tremare le mie ali, ho quasi paura di capovolgermi dalla felicita'. E tu sai cosa significa per una come noi a stare con le zampette al cielo! Quando poi le larve cucciolo escono con fatica dal guscio, ho l'impressione che quel movimento cosi lento ma pieno di forza, abbia attraversato i secoli giungendo a noi attraverso I moti della stessa terra. Quando quei piccoli esserini vedono il mondo, sento che la natura non ha ancora perso la partita con l'uomo e mi commuovo a tale spettacolo" Un fiorellino che si trovava proprio sotto la foglia aveva piegato la corolla verso la terra. Stava male, aveva la febbre, era disidratato. Sembrava un sole che invece di proiettare la sua luce sulla terra, proiettava la sua ombra cupa di morte. Era triste e guardava il suolo arido che lo circondava. Mentre Puntina parlava, le lacrime le scendevano copiose, prima sui petali poi sul ramo e poi sul terriccio circostante. Erano cristalline, trasparenti, silenziose e tutti pensarono che fosse rugiada. Il fiore invece penso' che erano goccioline di pioggia quindi stese prima lo stelo, poi pian piano distese la foglia e solo alla fine innalzo' la corolla al cielo per ringraziarlo di questo miracolo. Puntina continuo' a piangere fino a quando non ebbe piu' lacrime a disposizione mentre Tondina pensava: "si piange di dolore ma anche di felicita' e basta cosi poco per ridare vita alla vita". "fai bene a piangere sorella mia." disse Tondina "non e' solo il dolore a farci piangere, e' la commozione, e' il bisogno, e' la felicita' " Quando Lo vennero a sapere tutti gli animaletti del parco corsero verso Puntina e Tondina per piangere con loro ma sempre allegramente. Avevano scoperto che si puo' contribuire tutti insieme al bene comune perche' insieme erano una comunita'. Era questo il loro modo per ridare speranza alla natura e salvare quell'unico fiore rimasto che a sua volta avrebbe dato vita ad altre vite, forse. |
Maurizio Bonardo |
L'orco |
C’era una volta un felicissimo reame dove tutti erano allegri, contenti e dimostravano questa gioia cantando, suonando oppure ballando. Dovunque nelle strade, nei viottoli più piccini si poteva ascoltare musica. Suoni celestiali, melodie sempre nuove risuonavano tra le mura cittadine e gli abitanti erano ben lieti di trascorrere i giorni lavorando felici. Si era così creata una specie di aurea magica che pervadeva ogni luogo. Ma si sa che non tutte le ciambelle riescono con il buco perché un uomo venuto da chissà dove, con il suo codazzo di fedelissimi, si introdusse un giorno in questa fantastica realtà. Era un uomo cattivo d’animo, un Orco. Ben presto riuscì a prendere possesso del comando del regno, imponendo tassativamente il divieto di suonare, cantare oppure ballare. I suoni gli rimbalzavano nel cervello crendogli degli stridii come il gesso sulla lavagna o lo sfregare delle dita sul vetro. I cittadini, presi alla sprovvista, obbedirono ma si accorsero quasi subito dell’assurdità di quelle disposizioni. Notte tempo i più volenterosi cominciarono a riunirsi chi nelle cantine, chi nelle grotte alla periferia del luogo per cercare una via d’uscita a queste infami direttive e fu così che decisero di sbarazzarsi definitivamente di chi in quel momento li comandava a bacchetta, pretendendo anche di essere servito e riverito con il meglio delle produzioni locali, pena il carcere a vita per i trasgressori. Ma come fare? Esclusero a priori ogni sorta di violenza fisica e quindi bisognava trovare qualcosa che lo facesse vergognare del suo dispotico comportamento costringendolo alla fuga. Il regno, seppure piuttosto piccolo, su di un lato aveva un ampio braccio di mare come confine mentre per il resto era circondato da grandi ed alte mura erette a protezione. I cittadini così costruirono sul mare un sistema acustico tale da amplificare il rumore delle onde, anche le più piccole e fecero in modo che naturalmente si creassero, come nate dal nulla, melodie così dolci da non essere riprodotte neppure dai più valenti musicisti sugli strumenti più perfetti che si potessero costruire. Servì del tempo per la preparazione e studiarono anche come le onde ed il vento riuscissero a mettere in moto questa sorta di macchina naturale. Così i più valenti ingegneri, gli architetti e soprattutto chi si occupava di armonia per orchestra, si radunarono per studiare e poi realizzare l’opera. Disegni su disegni, prove su prove finchè realizzarono un plastico che doveva rispondere a tutte quelle esigenza. Lo modificarono più volte ed alla fine il modello risultò perfetto. La difficoltà era quella di trasferire in realtà ciò che si era studiato. Scelsero un luogo della costa abbastanza alto, a picco sul mare che si rifrangeva di sotto dove poter costruire quello strumento che allo stesso tempo doveva essere percosso dalle onde del mare ed anche sottoposto alle diverse forze create dal vento e risultare invisibile dell’alto della costa. La costruzione sembrava un grande portico con gli archi che poggiavano su colonne oppure su muri di altezze diverse dando così origine a spazi aperti che fungevano da cassa armonica. Le parti murarie erano disseminate di lamelle metalliche come un vibrafono mentre alcune di esse avevano corde come un’arpa. Gli spazi aperti avevano dimensioni diverse in funzione degli stumenti musicali da riprodurre, i legni, gli ottoni e le percussioni Altri spazi insieme alle colonne e le parti murarie riproducevano tutti gli strumenti a corde, violini e pianoforti compresi. Erano riusciti, lavorando a turno, giorno e notte a realizzare uno strumento naturale che poteva riprodurre attraverso il vento e le onde del mare il suono di un’orchestra intera. Ci vollero alcuni giorni per mettere a punto l’armonia e la melodia affinchè i suoni prodotti risultassero quelli voluti. Il giorno prestabilito, tutti gli abitanti si chiusero in casa mentre il vento cominciava a fischiare gonfiando le onde del mare. Si creò in pochi istanti una vera orchestra che suonava e risuonava per l’aere. L’Orco mandò i suoi sgherri a controllare chi stava disobbedendo ai suoi ordini ma costoro, pur facendo un’ispezione accuratissima, casa per casa, non trovarono nulla di irregolare mentre una musica celestiale continuava imperterrita a riempire il reame. Tornarono dall’Orco a mani vuote senza alcun risultato. Costui non voleva sentire musica perché gli provocava un tale fastidio fisico da rasentare il dolore e le membrane dei timpani gli battevano così forte tanto da non riuscire a sopportare quel disagio. Non bastavano batuffoli di cotone, tappi di cera, cuffie imbottite ad attutire quello che l’Orco sentiva risuonare nella sua testa. Ma come? Si dirà! La Musica è benessere, non può creare disagio. Il fatto è che l’Orco si era inaridito, non provava sentimenti né emozioni. Esattamente il modo attraverso il quale parla la musica. L’Orco era anche cattivo d’animo tanto da arrivare a punire i suoi sgherri che non erano riusciti a trovare i colpevoli Passò del tempo ma per l’Orco era sempre più difficile poter continuare a vivere in quel luogo e fu così che quel satanasso, con le mani sulle orecchie, impazzito da quel suono non riuscì più a sopportarlo e decise di lasciare quel posto diventato per lui del tutto invivibile. La Musica ed il buon senso avevano avuto la meglio senza versare neppure una sola goccia di sangue. Il vecchio detto ‘chi la fa, l’aspetti’ aveva vinto la guerra. |
Patrizia Gentilini |
Carotino |
In una cittadina che ora dir non so , le casette erano tutte colorate e gli abitanti tutta gente cordiale!. Sempre indaffarati a costruire oggetti di legno, giocattoli per l’appunto, destinati a tutti i bambini della città. Erano giocattoli molto carini, avevano tutti i colori dell’arcobaleno. Giunta la festa di primavera, nella piazza principale della cittadina, chiamata “Piazza della felicità”, venivano distribuiti i giocattoli ai bambini che avevano fatto almeno tre azioni buone durante l’inverno. La piazza era circolare e lungo tutto il suo perimetro, c’era un’ aiuola che rallegrava l’ambiente con tanti fiorellini colorati. La campana suonava per chiamare tutti i bambini. Mah accipicchia! Devo fare un passo indietro , mi sono dimenticato di dirvi che non lontano dalla piazza, un po' fuori mano ,c’era una casetta ormai scolorita. Nessuno se ne prendeva più cura, da quando il proprietario era sparito, forse stanco delle continue vessazioni che subiva dalla moglie, una certa Crisantema. Questa più o meno era la storia ufficiale. Crisantema era una donna alta, robusta, camminava dinoccolandosi e borbottando tutto il dì. Aveva la fortuna di avere un bambino tanto carino con occhi grandi color celeste del mattino, un visetto tondo pieno di efelidi e capelli arancioni come le carote. Per l’appunto Crisantema lo aveva chiamato Carotino. Questo bambino aveva il visino sempre triste perché la sua mamma gli proibiva di uscire e di stare con i suoi coetanei, costringendolo a rimanere in casa per aiutarla nei lavori pesanti. Carotino, nome un po' discutibile, ma, che ci volete fare nelle fiabe tutto è permesso!. Anche ciò che sfugge all’umana comprensione. Aveva un cane di nome Gelsomino, era un amico speciale che amava a tal punto il suo padroncino, che un giorno volendo comunicare con lui, sfidando le leggi della natura, prese un gran respiro, gonfiò la pancia e con un balzo in avanti gli disse :” ti voglio un mondo di bene, amico mio!. Carotino spalancò gli occhi e quasi impaurito disse :” ma..ma.. Tu..tu.. parli? “. :” Siiii, finalmente parlo con te, era tanto che desideravo farlo e ci sono riuscito, mi sono allenato tutte le notti” , disse Gelsomino. Il cane proseguì chiedendogli:” Perché sei così triste, vuoi giocare vero?” E Carotino :” certo che voglio giocare perbacco! Vorrei uscire, farmi degli amici.” :” Come ti capisco, non vedi mai nessuno e non hai neanche un giocattolo!. Io posso correre con te, farti compagnia ma, non posso sostituirmi ad un bambino. Senti? La campana sta suonando!. Tua madre però è crudele non ti porta mai a prendere i giocattoli, che ti sei meritato perdindirindina!!. Tu che aiuti tutti i giorni la tua mamma e che riversi tutto il bene su di me, chi ? chi? Più di te ! Meriterebbe quei giocattoli?. Replicò Gelsomino. Carotino annuì e sembrò per un attimo, rassegnarsi alla sua solitudine forzata. Un giorno il sindaco di Coloretta, così era il nome di quella città piena di colori, pensò di iniziare ad organizzare anzitempo la festa dell’amicizia. Tutti i nomi degli abitanti dovevano essere scritti sopra dei foglietti e messi in una grande ampolla di vetro collocata sotto il campanile. Alla festa dell’amicizia che cadeva proprio nel solstizio d’inverno, si sarebbero estratti tre nomi che avrebbero vinto un bellissimo dono. Il sindaco “ il dottor Vernice” incaricò due bambini, di girare per tutte le casette colorate e scrivere il nome di ciascun abitante. Intanto Crisantema ignara di tutto questo e sempre più crudele, mise in castigo Carotino che non aveva tolto le erbacce dal giardino, e non aveva accudito le mucche, “ Margherita e Rosetta”. La mamma chiuse Carotino nella gabbia delle galline. Appena queste videro Carotino seduto nella loro stia borbottarono:” Uffa, e di nuovo uffa! Ci mancavi solo tu ad occupare il nostro spazio già troppo angusto!.” :” Non è colpa mia , è stata un’idea di Crisantema, accidentaccio! Mia mamma! Per essere preciso, è tanto che non riesco a chiamarla così. “ :” Ma allora, parlate anche voi? Ma che gabbia di matti è questa fattoria!.” Rispose Carotino :” Carotino precisiamo che nella gabbia, ci siamo noi! Che produciamo tante belle uova fresche , Non i matti!”. Replicarono le galline starnazzando e sbattendo le ali. :” Mi dovrete sopportare, questa è la realtà, anzi spostate le uova che vorrei allungare un po' le gambe grazie!. Gelsomino intanto ringhiava contro Crisantema, a difesa del suo amico, e lei di tutto punto quel giorno lo lasciò senza acqua e senza cibo. Gelsomino ritiratosi in un angolo, pensava ” Questa donna non ha sentimenti, dentro di sé è priva di compassione, se solo ne avesse una briciola non tratterebbe così il povero Carotino! Certo , non tutti riescono ad avere questo nobile sentimento…..vado a fare compagnia al mio amico .” E se ne andò nell’aia a trovare Carotino. Intanto i due bambini preposti a raccogliere i nomi degli abitanti, giravano di casa in casa chiedendoli a tutti. Dopo qualche giorno arrivarono alla casa di Carotino, bussarono alla porta ma nessuno rispose, allora bussarono più forte, ma neanche in quel caso nessuno rispose. Uno dei due bambini di nome Giglio che era più intraprendente dell’altro, suggerì di fare il giro della casa e andare nel retro a vedere se c’era qualcuno. Giglio vide subito Carotino chiuso nella gabbia delle galline e disse:” Ei tu.. che ci fai chiuso là dentro?.” :” Mi ci ha messo Crisantema perché secondo lei lavoro poco.” Rispose Carotino. Giglio ed il suo amico scoppiarono a ridere e nel farlo si reggevano la pancia . E chi è questa Crisantema, una strega? Farfugliarono i due bambini divertiti.:” Sapete non ci avevo mai pensato! Forse era destino, dovevo avere una strega per madre” rispose Carotino. I due bambini improvvisamente smisero di ridere e si fecero seri, sbarrarono gli occhi e dissero :” Accipicchia, non avevamo mai sentito parlare di mamme streghe, e già, esistono allora! Comunque, a noi ci manda il sindaco, il dottor Vernice , dobbiamo scrivere i nomi degli abitanti di questa casa, alla festa dell’amicizia che avverrà al solstizio d’inverno, tra tutti i nomi degli abitanti di Coloretta ne saranno estratti tre, che vinceranno un dono ciascuno. :” Sapete che vi dico, è un bene che Crisantema mi abbia chiuso qui dentro, altrimenti non vi avrei conosciuto, sono felice di poter parlare con due bambini proprio come me! Comunque posso dirvi che io sono Carotino poi c’è Crisantema e anche Gelsomino” .Rispose Carotino tutto rosso in volto dall’emozione. :” Siamo contenti anche noi di averti conosciuto , se ti fa piacere ti veniamo a trovare altre volte , basta che Crisantema non si arrabbi” dissero i bambini che erano rimasti fuori dalla recinzione . Improvvisamente arrivò Crisantema che non si accorse dei due visitatori e disse :” Carotino adesso ti faccio uscire , devi andare a tagliare la legna e sbrigati altrimenti non ti darò la cena. ”Carotino si affrettò ad obbedire mentre i bambini impauriti scapparono via. La sera durante la cena Giglio raccontò tutto ai suoi genitori e a sua sorella. La mamma di Giglio gli spiegò :” Non sono sorpresa figlio mio, qui quasi tutti conoscono la storia di Crisantema. “ :” Perché non me la racconti ? Mi ha fatto tanta pena Carotino oggi, chiuso nella gabbia, non è giusto , tu sei sempre stata buona con noi!” La mamma comprese le ragioni del figlio e cominciò dicendo:” Dieci anni fa voi ancora non eravate nati, Crisantema venne ad abitare in questa cittadina. Era sposata con Girasole, un uomo buono, fedele che le voleva molto bene . Era un bravo contadino che si occupava anche di curare le mucche che possedeva. Crisantema sembrava felice e come tutte le donne dopo un po' di tempo cominciò a desiderare tanto un figlio che però non arrivava. Girasole comprendeva il dolore della moglie a tal punto che le propose di adottarne uno. Crisantema non ne voleva sapere di questa proposta anzi era sempre più arrabbiata e gridava al marito di volerne uno tutto suo e non di un’altra donna. Il tempo passava e Crisantema cominciò a trattare sempre più male suo marito, lo comandava a bacchetta, e ciò che faceva non gli andava mai bene. Un giorno Girasole pensando di fare bene, portò a casa un bambino molto piccolo con occhi celesti come il cielo e capelli arancioni. Era un bambino rimasto orfano dei genitori che i parenti affidarono a lui perché lo conoscevano bene e sapevano che gli avrebbe dato tanto amore. Entrato in casa Girasole cominciò a chiamare :” Crisantema corri, vieni a vedere!.” Crisantema che era nell’aia pensò “ che diavolo strilla questo gaglioffo! Avrà un’altra delle sue stupidaggini da dirmi.” Entrò in casa e vide Girasole con il bambino in braccio che le disse:” Guarda Crisantema ho portato un bel bambino tutto per noi è rimasto solo, noi ce ne prenderemo cura.” Appena ebbe finito di parlare, Crisantema con gli occhi rossi dalla rabbia cominciò ad inveire contro di lui urlando:” Che ti prenda un colpo!, Chi ti ha chiesto il bambino di un’altra, pezzo di idiota! Che tu possa diventare un cane!.” Tutti i vicini ascoltarono le sue parole gridate con tanta rabbia. Nessuno da quel momento vide più Girasole. In tanti pensarono fosse fuggito. Ma la storia vera la conosce solo l’io narrante e se siete curiosi di sapere la verità,non dovrete fare altro che leggermi con pazienza. Crisantema era talmente sconvolta, che le sue parole si avverarono, Girasole si trasformò in cane , lei prese al volo il bambino, e rimase per un po' di tempo senza parole spaventata da quello che era successo. Diceva tra sé e sé ” mio Dio è diventato veramente un cane, qualcuno l’avrà visto arrivare a casa con il bambino, devo assolutamente pensare a ciò che potrò dire.”Poi rivolgendosi al bambino disse :” Ti chiamerò Carotino e sarai il mio sguattero, non ti sognare di pretendere qualcosa da me, brutto nanerottolo!” Del resto tuo padre ti ha lasciato prima del previsto, ti lascerò solo questo cane per farti compagnia , lo chiamerai Gelsomino.” :” Mamma, che brutta storia povero Carotino!.” Disse triste Giglio . :”Chissà se il destino di Carotino potrà migliorare mamma, mi ha fatto tanta tenerezza, voglio rimanergli amico. Lo andrò a trovare di nascosto.” :”Speriamo Giglio, speriamo ti fa onore quello che dici, bravo figlio mio!.” Rispose la mamma e si avviò in cucina. Il tempo trascorse, e anche gli incontri fugaci tra Carotino e Giglio, in men che non si dica , arrivò il solstizio d’inverno. Tutti gli abitanti di Coloretta erano pronti per la festa dell’amicizia. Le mamme e le nonne prepararono i dolci da distribuire a tutti i partecipanti. Gli uomini sistemarono i tavoli con le sedie per poter mangiare comodi. Nella piazza c’erano i venditori di palloncini che fluttuavano nel cielo creando macchie di colore . Qualcuno vendeva lo zucchero filato colorato. Le ragazze imbandirono i tavoli usando tovaglie ricamate a mano e i ragazzi misero insieme, un gruppo di musicisti che suonavano per rendere più allegra la serata. Il sindaco, il dottor Vernice prese la parola e disse:” Buonasera a tutti i miei concittadini, sono felice che in questa occasione siete numerosi, sapete che questa festa è quella che preferisco, l’amicizia può fare miracoli ed io questa sera spero di vederne delle belle, buon divertimento a tutti!. A metà della festa la campana della chiesa cominciò a suonare, tutti si azzittirono e guardarono verso la grande ampolla di vetro piena di bigliettini. Il sindaco prese la parola e disse :” cari concittadini sono contento di vedere che vi state divertendo, ora però ho bisogno di un volontario, che mi presti la sua mano per prendere i tre nomi dall’ampolla.” Giglio che era lì vicino tirò la gonna della madre e disse :” Mamma ti prego ci voglio andare io, voglio estrarli io i tre nomi!.” La mamma non fece in tempo a rispondergli che Giglio era già sopra il palco vicino all’ampolla. Il sindaco dottor Vernice, rimase meravigliato dalla rapidità del bambino e disse:” Figliuolo mio che fretta!. Hai proprio voglia di far vincere qualcuno stasera!.” :“Si Signor sindaco per l’appunto sto pensando proprio a qualcuno a cui voglio bene!” disse Giglio. :” Allora diamoci da fare, estrai il primo nome” disse il Dottor Vernice. Giglio mise la sua piccola mano nella bocca dell’ampolla e tremolante ne estrasse un foglietto, lo aprì e con gli occhi sbarrati, tutto rosso di rabbia in volto, disse :” Crisantema .” Guardò triste il sindaco :” Cosa hai ragazzo mio, devi essere contento! Farai del bene a questa donna !” Gli disse il sindaco e poi verso la folla gridò :”c’è Crisantema tra di voi? “ Chiamò di nuovo ma nessuno rispose.:” Giglio prendi il secondo biglietto .”Disse il sindaco , il bambino lo estrasse lo aprì e lesse :” Gelsomino! “ e il sindaco :” c’è un gelsomino tra di voi?.” Ancora una volta nessuno rispose , tutti si guardavano uno con l’altro cercando di capire chi era Gelsomino. Giglio infine scoraggiato estrasse il terzo biglietto lo aprì lo lesse e disse :” EVVIVA finalmente è uscito! CAROTINO ! CAROTINO!.” Urlava Giglio alla folla, ma nessuno rispose . Pensò ” certo! non può essere qui , Crisantema non l’avrà portato alla festa, e si prenderà anche un premio accidentaccio!” Il sindaco riprese la parola e disse :” I nomi sono stati estratti, anche se le persone non sono presenti riceveranno lo stesso il loro dono ,questo ha voluto il destino. Stai tranquillo Giglio che anche Carotino riceverà qualcosa di bello, torna dalla tua mamma. E adesso, che la festa continui.” In quella magica notte, le stelle brillarono con più luce del solito, un vento fresco fece ondeggiare le fronde degli alberi, ed un’atmosfera di felicità si aggirava vagabonda tra le vie di Coloretta. Proprio in quella notte ,Crisantema ottenne il dono della compassione, all’improvviso l’odio che aveva provato fino ad allora si trasformò in amore, corse da Carotino e piangendo lo abbracciò, chiedendogli perdono e giurandogli amore materno. Gelsomino si risvegliò Girasole e dopo un momento di smarrimento andò da Crisantema che la trovò abbracciata al figlio, Girasole abbracciò la moglie ed il figlio tutti e tre riuniti sembravano un fiore in procinto di sbocciare . Carotino ebbe finalmente una famiglia amorevole come aveva sempre desiderato , e rivolgendosi ai genitori disse :” Anch’ io vi vorrò sempre bene, ma vi prego regalatemi un altro gelsomino.” ! Giglio e Carotino rimasero amici, ed insieme fecero tante avventure. Il dottor Vernice come seppe la storia di Crisantema, fu molto felice e si convinse sempre più che la festa dell’amicizia era l’evento più importante della sua città. Alla festa di primavera Carotino ricevette i suoi primi giocattoli di legno, tutti colorati, con i quali giocò insieme ai suoi amici. Fu al settimo cielo quando la mamma e il papà gli dissero che avrebbe avuto un cane e anche un fratellino. Tutti vissero felici e contenti. Cari ragazzi ora vi saluto anche io, andrò a riposare, grazie di avermi letto fino alla fine e alla prossima storia!...... |
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